I fatti e le vicende che vengono qui riportate sono tratte dal volume ROMA OCCUPATA, 1943-1944 di Amedeo Osti Guerrazzi e Anthony Majanlahti, edita dalla casa editrice Il saggiatore nel 2010.
Sono state estrapolate le vicende accadute nell’area che comprende l’Appio latino- Tuscolano e S. Giovanni. Le vicende e vengono narrate partendo dai luoghi, dagli edifici, dai quartieri e dalle strade. È stata suddivisa in due parti. La PRIMA PARTE si ferma al Rastrellamento del Quadraro.
La SECONDA proseguirà raccontando di altri luoghi dell’area fino ad arrivare all’arrivo degli alleati e la Liberazione di Roma 4 giugno 1944.
VILLA WOLKONSKYV
Sede dell’ambasciata inglese dalla fine della guerra.
La VILLA In origine era un giardino costruito, tra il 1830 e il 1862, per la principessa russa Zenaide Wolkonsky.
La principessa era una protagonista dei salotti della buona società dell’epoca. Tra i suoi ospiti vi furono Stendhal, Walter Scotto e Gogol’, che scrisse parte del suo capolavoro Anime morte. La sorella del compositore Mendelssohn, Fanny, così descrisse (1830) il roseto «Cespugli, alberi, arbusti e siepi, tutti lussureggianti […]».
Dagli della principessa furono venduti nel 1870 una parte dei giardini per mantenere il resto della proprietà. Diventò la residenza della nipote della principessa, Nadia Campanari, ma nel 1922 fu venduta al governo tedesco di cui diventò l’Ambasciata.
Il governo tedesco la riportò agli antichi splendori tanto che il colonnello delle SS Eugen Dollmann la descriveva come «un’oasi piena di rose, pavoni e grilli canterini».
Eugen Dollmann nelle sue memorie scrive che, al momento del crollo del regime, si aspettava l’arrivo dei fedeli di Mussolini, pronti a combattere per liberare il duce e invece, con grande disappunto del colonnello, Farinacci con i suoi andò in Ambasciata per potersi mettere al sicuro, chiedendo perfino abiti da donna per travestirsi.
Fu nominato ambasciatore il console Eitel Firiederich Möllhausen, un giovane trentenne nato in Turchia, cresciuto a Trieste, di madrelingua italiana, e neppure membro del Partito Nazista.
Herbert Kappler, capo della Gestapo a Roma, spostò il suo ufficio dalla Villa al Via Tasso, 155.
Un frequentatore della Villa era l’ambasciatore tedesco alla Santa sede, Ernst Weizsäcker. Fu il diplomatico più autorevole della delegazione tedesca, un nazista non particolarmente fervente che cerò di negoziare una pace separata con gli Alleati con la mediazione della Santa Sede. La sua sede si trovava a Villa paolina, residenza della sorella di Napoleone.
VILLA WOLKONSKYV E GLI EBREI DI ROMA
Fu a Villa Wolkonskyv che si consumò l’unico e vero tentativo di salvare gli ebrei di Roma.
Ma il console aveva una compagna italiana che nascondeva nella sua casa alcuni ebrei che riuscì ad aiutare con alcune tessere annonarie.
Nel 1946 la villa venne affidata agli inglesi che stabilirono la loro ambasciata dopo che la sede di via XX Settembre fu distrutta da un attentato sionista.
La villa, acquistata dagli inglesi, divenne la residenza dell’Ambasciatore, mentre la nuova sede dell’Ambasciata fu spostata in un vecchio spazio a P.ta Pia.
La scrittrice Nancy Mitford, dichiarò la sua contrarietà per questa scelta con queste parole «le camere risuonano ancora delle urla dei prigionieri e sono ancora puzzolenti di sangue».
Alcune camere della Villa, prima della prigione di via Tasso, furono effettivamente utilizzate da Erich Priebke.
VIA TASSO, 144-145: L’ANTICAMERA DELLA MORTE
L’edificio di Via Tasso, oggi MUSEO DELLA LIBERAZIONE, fu nel 1943-44 la peggiore prigione di Roma. Era un condominio della borghesia degli anni Trenta. Fu requisita dalla Polizia di sicurezza (SIPO) diretta dal maggiore e poi colonnello delle SS Herbert Kappler.
Tra questi: Giacchino Gesmundo, insegnante di storia, filosofia e economia al Liceo Cavour. Aderì al Partito comunista nei quarantacinque giorni del governo Badoglio. Stampava l’Unità e nascondeva le armi dei Gap nella sua casa di via Licia. Arrestato il 29 gennaio del 1944 per una delazione, torturato in via Tasso, fu trucidato alle Fosse Ardeatine.
La vera e propria prigione si raggiunge salendo al SECONDO PIANO di una casa romana degli anni trenta: ingresso- cucina a sinistra-stanza da letto- salotto- bagno- altra stanza da letto o salotto- sala da pranzo ecc. Tutte le stanze sono diventate celle nel 1943.
Non ci soffermiamo sui vari episodi drammatici delle torture a cui furono sottoposti i prigionieri perché troppo crudeli e raccapriccianti.
Ricordiamo un episodio che risale al 3 giugno del 44, ore 8, quando gli alleati stavano entrando nella città. Uno dei detenuti, Paladini, condannato a morte insieme ad altri prigionieri viene caricato su un camion con destinazione fucilazione in un luogo fuori città. Il camion non parte perché rotto e i prigionieri vengono riportati nelle loro celle. Ma un secondo camion riesce a partire e trasporta i poveri prigionieri a La Storta, periferia di Roma, dove furono trucidati.
Paladini è stato il primo direttore del Museo di Via Tasso.
alcune celle contengono i ricordi dei fucilati e torturati. Forte Bravetta fu uno dei luoghi scelti dai tedeschi per eseguire le fucilazioni.
La cella numero 5, creata dalla ex cucina, è dedicata alla memoria di Luca Cordero di Montezemolo, aristocratico piemontese che si unì alla Resistenza dopo l’Armistizio, fuggendo sotto gli occhi dei tedeschi che volevano arruolarlo nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana.
Montezemolo riesce a creare una rete clandestina di ex ufficiali e sottoufficiali con il compito di raccogliere informazioni per trasmetterle agli alleati. Tradito da un delatore, viene arrestato il 15 gennaio del 1944. Sottoposto a orribili torture. Perino Kappler, si racconta, si commosse per l’eroismo di quest’uomo. Finì la sua vita alle Fosse Ardeatine dove arrivò con la faccia tumefatta e con i segni delle gravi torture subite.
Lo stesso destino subì un altro generale, un veterano della Prima guerra Mondiale, Simone Simoni.
Fu uno degli animatori del Fronte militare clandestino e quando fu catturato, Kappler lo salutò dicendogli: Finalmente abbiamo l’onore di darle il benvenuto. Anche Simoni fu tra i martiri delle Fosse Ardeatine.
Uno degli oggetti più strani che si trova ancora oggi nel Museo è un pezzo di pane ora fossilizzato, trovato nella tasca di uno dei leader della Resistenza torinese, Ignazio Vian, romano onorario. Prima della sua esecuzione, avvenuta il 22 luglio del 1944, riesce a intagliare nella crosta del pane il suo ultimo saluto alla madre: Coraggio mamma.
Molti partigiani lasciarono il loro saluto alle madri prima delle esecuzioni.
Il Museo della Memoria di via Tasso è un luogo importante per conservare la memoria di quanto è accaduto a Roma durante l’occupazione dei nazisti. Oggi è un luogo che viene visitato da persone comuni e da intere scolaresche che vengono accompagnati da iscritti all’Anpi e da altri rappresentanti delle associazioni dei familiari delle vittime e da esperti sul tema.
L’UNIVERSITÀ LATERANENSE E IL CLN
Le sue porte si aprirono spesso tra il 1943-44 per nascondere molte persone. Ne arrivarono quasi duecento.
Racconta Bonomi, penultimo presidente del consiglio prima di Mussolini, che alla caduta del Fascismo, tra il 27 e il 28 luglio del 1943, si erano radunati a Roma, in casa di un avvocato, alcune delle correnti antifasciste , per costruire un coordinamento e influenzare il governo Badoglio e il re durante i 45 giorni tra la caduta del fascismo e l’Armistizio. Ma furono tenuti all’oscuro di tutto e colti di sorpresa alla proclamazione dell’Armistizio.
La polizia di Badoglio era quella fascista. Bonomi e Meuccio Ruini nel tentativo di poter parlare con Badoglio, andarono al Viminale nella mattina del 9 settembre. Ma il Maresciallo si era già dato alla fuga. A Bonomi e Ruini toccò il compito di comunicare ai rappresentanti dell’antifascismo che Roma era caduta nelle mani dei nazifascisti e che non restava che prepararsi alla lotta clandestina.
Si costituì così il Comitato di Liberazione Nazionale ( CLN) per chiamare gli Italiani alla Lotta e alla resistenza.
Il colonnello Montezemolo si incaricò di coordinare i contatti con il governo del Sud e dare voce e strumenti all’antifascismo organizzato. Molti cercarono di trovare rifugi sicuri per evitare l’arresto. Fu così che molti di loro bussarono allaporte dei Palazzi Lateranensi dove trovarono rifugio molti antifascisti, tra questi Alessandro Casati, Alessandro Severi, Marcello Soleri, Pietro Nenni, Alcide De Gasperi. Diventò la sede del CLN e il luogo dove si svolgevano le discussioni sul futuro del Paese. Ma la banda Koch riuscì a violare il Seminario Lombardo e a catturare Giovanni Roveda. Racconta Bonomi nel suo diario che il 31 gennaio furono costretti a nascondersi in un cunicolo sotterraneo per evitare che i tedeschi catturassero quasi tutti i componenti del CLN.
Il 5 febbraio, sempre la banda Koch, fece irruzione nella basilica di San Paolo fuori le Mura , gli antifascisti furono costretti a disperdersi e a trovare scampo in luoghi più decentrati. Roberto Bencivenga, capo della Resistenza militare a Roma, fu lasciato dai tedeschi in Laterano evitando di aprire una crisi diplomatica con il Vaticano. Le gerarchie ecclesiastiche rappresentavano per tedeschi in quel momento una via di fuga.
L’Università nascose non meno di 50 ebrei, renitenti alla leva, quasi tutto il CLN (niente comunisti e membri del Partito d’Azione). Si unirono a Bencivenga militari e burocrati che non vollero servire la Repubblica di Salò.
Il 4 giugno del 1944 Bonomi e gli altri reclusi poterono assistere dalle terrazze del Laterano l’arrivo dei carri armati alleati.
La salvezza di molti dei rifugiati si deve al coraggio di Mons. Roberto Ronca, rettore del Seminario romano, dove trovarono rifugio molti antifascisti, ex ministri, politici, aristocratici romani, ebrei, intellettuali. I membri del governo Badoglio pare fossero tutti alloggiati in un unico corridoio mentre il CLN trovò rifugio nel palazzo dei Penitenzieri, sempre nello stesso complesso, difeso da una porta segreta onde evitare incursioni da parte dei nazifascisti. La casa della madre del Monsignore era il luogo dove si riuniva il CLN. Era adiacente alla Basilica ma fuori dal Laterano. Era comunque un luogo considerato sicuro e rispettabile, essendo la casa di un prelato. A Monsignor Ronca ad oggi non è stato ancora eretto alcun monumento.
IL QUADRARO. IL RASTRELLAMENTO
Si raggiunge uscendo dalla metropolitana a Porta Furba- Quadraro. Un quartiere che nasce come agglomerato urbano residuale, prima con baracche e poi con piccoli edifici. Vi abitavano emigrati, fuggitivi, sbandati, categorie sociali che preferivano starsene poco in vita. Negli anni del Fascismo il Quadraro diventa una specie di territorio franco, rifugio degli antifascisti, di cellule comuniste e anarchiche. Diventa così una favela sovversiva che per i tedeschi diventa una zona minacciosa. Tra la fine degli anni venti e l’inizio della decade successiva vi trovarono rifugio i romani costretti a abbandonare le loro case per gli sventramenti mussoliniani. Molti provenivano dalla vecchia zona Alessandrina e dallo sventramento del borgo per creare vai della Conciliazione. Era un quartiere che sembrava non far parte della città. Era abitato da persone intrise di antifascismo perché vivevano in povertà e non avevano accettato la guerra. Il console tedesco Möllhausen gli diede il nome di nido di vespe. I tedeschi non riuscirono a creare un presidio all’interno della borgata. Si limitarono a controllare il vicino aeroporto di Centocelle. Molti gruppi della Resistenza avevano le loro cellule al Quadraro. A parte i Gap, molto attivi nell’area, la Brigata Matteotti, la Resistenza dei militari monarchici, il Fronte militare clandestino del colonnello Montezemolo, c’erano anche i gruppi di Bandiera Rossa (non legato al Partito Comunista) e la Banda del Lavoro vicina al Partito d’Azione.
Bandiera Rossa aveva stabilito il suo quartier generale nel Sanatorio Ramazzini, un centro di cura per la tubercolosi che ospitò nei sotterranei una tipografia per la falsificazione dei documenti. Nella borgata si aggirava un giovane bandito, Giuseppe Albano, il Gobbo del Quarticciolo per la sua schiena deforme.
Era il capo della banda Basilotta, formata da giovanotti, soprannominato Robin Hood perché rubava i generi alimentari dei tedeschi e li distribuiva nelle zone povere di Centocelle, Quarticciolo e Tor Pignattara.
Queste bande e le altre formazioni partigiane creavano dei problemi ai tedeschi soprattutto dopo lo sbarco degli alleati ad Anzio, 22 gennaio 1944.
Questi quartieri si appoggiavano alla Tuscolana, un’arteria di comunicazione molto importante. I partigiani del Quadraro e di Centocelle sabotavano i tedeschi seminando chiodi a quattro punte sulla via Tuscolana. A questi sabotaggi si aggiungevano gli attacchi all’aeroporto di Centocelle.
Era una zona molto calda e si stava preparando anche per un’insurrezione. Anche Bentivegna dei Gap vi fu mandato lì per organizzare l’insurrezione. Insomma per i tedeschi quell’area di Roma era un vero problema. Cinecittà, gli studi, erano diventati un campo di transito. Pietro Caruso, capo della polizia fascista di Roma, inviò il suo collaboratore, Stampacchia, per un grande rastrellamento. Voleva dimostrare ai tedeschi che anche i fascisti erano in grado di mantenere il controllo della Resistenza. Ma Stampacchia fu salutato con minacce, scritte sui muri ecc. Un gappista dell’VIII zona, che includeva Centocelle e il Quadraro, si propose per aiutarlo a riaprire a casa del Fascio al Quarticciolo. Dopo una amichevole conversazione, dopo i saluti mentre era ancora sull’uscio il gappista lo uccise con un colpo di pistola.
Il partigiano, che si chiamava Clemente Scifoni, processato e assolto dopo la guerra, trascorse due anni in prigione. Si tratta di uno dei tanti fatti che documentano il modo con cui venivano trattati i partigiani dal sistema giudiziario anche dopo la Liberazione.
Questo e altri episodi contribuirono a far maturare la decisione di infliggere una forte punizione ai cittadini del Quadraro.
Don Giocchino Rey si offrì in cambio dei prigionieri e fu colui che riuscì a stilare una lista dei deportati.
Dopo un primo transito a Grottarossa, i rastrellati furono portati a Terni, a Fossoli e poi trasferiti in Germania costretti ai lavori forzati. Soltanto la metà dei deportati riuscì a tornare a casa. Ma gli indomiti partigiani di Bandiera rossa e dei Gap continuarono nelle loro azioni di sabotaggio, attaccando l’aeroporto di Centocelle e portando armi nel Sanatorio Ramazzini , 26 maggio, trasformandolo in un specie di fortezza che doveva servire come base per l’insurrezione di appoggio all’avanzata degli alleati.
Bisogna arrivare al 2004 perché il quartiere fosse insignito della medaglia d’oro al valor civile.
Si tratta dell’unico quartiere ad avere avuto questo riconoscimento.
Il Quadraro cambiò radicalmente negli anni sessanta- settanta. Furono demoliti gli edifici originali a due piani costruiti negli anni trenta. Rimasti in piedi solo quelli all’incrocio tra via Tuscolana e via dei Fulvi, fanno da contrasto con i palazzoni degli anni settanta.
Prima di entrare nel Quadraro vero e proprio, si può vedere di fronte al condominio dei numeri 790-798 di via Tuscolana il luogo dove si trovava il CINEMA QUADRARO. Era uno dei tre teatri esistenti prima dell’occupazione, gli altri erano il cinema Iris e il cinema Folgore.
Alcune lapidi ricordano sia i martiri della Resistenza che i morti della Prima guerra mondiale.
Si trova anche un grande croce d’acciaio, la CROCE DEL BOMARDAMENTO, che ricorda lo sbarco ad Anzio, 22 gennaio 1944, accompagnato da massicci bombardamenti su Centocelle e Ciampino.
Molti gli episodi di resistenza che coinvolsero donne e uomini. Tra queste Maria Ciraldi uccisa con una raffica di mitra il 12 settembre del 1943, Gaetano Butera, Leonardo Butticè, siciliani e membri del Comitato clandestino di Montezemolo, Adolfo Bonfanti, Gastone Gori, muratore, e Goffredo Romagnoli, ferroviere della Brigata Matteotti.
Il Rastrellamento è ricordato con il MONUMENTO AI RASTRELLATI, eretto nel Parco 17 aprile, e una lapide presso il liceo Jean Piaget che ricorda il sacrificio dei tanti che non fecero più ritorno.
Kappler il giorno del Rastrellamento, 17 aprile 1944, utilizzò il CINEMA QUADRARO come quartier generale.
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